Eccoci ancora
presso lo showroom Consound questa volta alle prese con il robusto, piacevole
(in ogni senso) e italianissimo amplificatore Unison Research S6.
È presente
anche una video prova condotta dal Prof sul canale You Tube Consound della
quale questa ricalca le informazioni comuni e probabilmente ne integra di
ulteriori.
Seguono i commenti del Professore.
Ascolti
effettuati a gennaio, con clima assai freddo e secco. L’integrato di cui si
parla ci è giunto – almeno per quanto ne sappiamo – ampiamente usato e ben
rodato; non ho idea alcuna sullo stato delle 3+3 EL84 né delle 2 valvole di
segnale ECC83. All’ascolto tutto ci è sembrato funzionare in modo regolare e
soddisfacente, ma se avremo ancora l’apparecchio a disposizione provvederemo a
verificarne lo stato di tutte le valvole non appena ci arriverà – dovrebbe
mancare poco tempo – un provavalvole progettato e costruito da un bravissimo ed
espertissimo tecnico di Brescia che da tempo segue Consound anche per le
riparazioni, soprattutto degli apparecchi a valvole.
Commenti di
tipo soltanto “pratico” sull’integrato Unison.
Abbiamo potuto
ascoltare in modo abbastanza approfondito il bell’integrato a valvole
dell’azienda di Treviso (dintorni) Unison Research, modello S6. Si tratta di un
apparecchio “importante” di una azienda italiana altrettanto “importante”, e
ormai ben nota da lungo tempo. L’integrato S6 costa di listino 4500 Euro, e per
questi non pochi soldi ci fornisce 35 Watt per canale su 8 Ohm in “pura classe
A”, come dichiarato nel sito del costruttore. La scelta progettuale è
single-ended parallelo. L’apparecchio, come un po’ tutti i prodotti Unison, ha
un aspetto originale e decisamente accattivante, almeno nella finitura legno
che abbiamo qui in negozio, ed è grande, solido e pesante. Il frontale ha un
interruttore di accensione al centro, piuttosto bruttino e in apparenza
poverello (ma parlo solo di quel che vedo), e due manopolone, una a sinistra
per la selezione degli ingressi e una a destra per la regolazione del volume.
Entrambe sembrano di ottima qualità, e comunque è un piacere utilizzarle. Sopra
lo chassis, al centro, ci sono trasformatori vari, coperti da metallo nero, e
ai lati ci sono 3 valvole di potenza EL84 e una valvola di segnale ECC83 per
ogni canale. Inoltre ci sono dei tastini, delle manopoline e dei potenziometri
per la regolazione del bias delle EL84, di cui diremo fra poco. Sul retro,
oltre alla vaschetta IEC, ci sono 5 ingressi RCA solo linea, una uscita Tape e
i morsetti di uscita per i diffusori, di aspetto solido ma senza eccessi, e
forse un tantino troppo vicini fra loro in orizzontale. Tutto molto essenziale
ma elegante e di utilizzo immediato. Per tornare alla regolazione del bias: il
manuale d’uso dice che si tratta di una regolazione a metà, ½ automatico e ½
manuale. La parte manuale sembra piuttosto semplice: per ogni valvola di
potenza un tastino seleziona e attiva il potenziometro del corrispondente
canale, e una manopolina sposta il bias finché l’indicatore si piazza al centro
della scala. L’operazione va ripetuta per ogni valvola e iterando un po’ di
volte, perché la progettazione in parallelo fa sì che modificando il bias di
una valvola si spostino un po’ anche quelli di tutte le altre. Niente di
drammatico, e anzi tutto molto facile e in un certo senso coinvolgente. Devo
aggiungere che l’integrato ci è arrivato in negozio con tutti i bias
perfettamente centrati, prova che l’apparecchio era stato tenuto in ottimo
stato di manutenzione, oppure che non era mai stato usato (cosa questa
improbabile, a dire il vero). Da notare che i tastini servono solo per attivare
e disattivare i potenziometri, ma le manopoline sono sempre attive e quindi non
bisogna toccarle se non quando serve. Un’altra attenzione da prestare riguarda
la riaccensione dell’apparecchio, che non deve essere fatta troppo in fretta
dopo lo spegnimento. Il produttore raccomanda di attendere almeno 5 minuti
prima di riaccendere l’integrato dopo averlo spento. E naturalmente dopo
l’accensione è necessario attendere un po’ di tempo prima di ottenere il meglio
di questo apparecchio. Il manuale d’uso parla di 15 minuti, ma nei nostri
ascolti ci è parso che il suono continuasse a migliorare su un intervallo di
tempo ben più lungo, forse anche un’oretta buona. Tutte delizie delle valvole …
ma per me, che sono stagionato e un po’ nostalgico, si tratta di attenzioni che
mi darebbero addirittura soddisfazione nell’utilizzo quotidiano. Questo
apparecchio scalda assai, come è del tutto lecito attendersi avendo a che fare
con valvole in classe A. Nulla di drammatico, e comunque le valvole sono
protette da una griglia metallica abbastanza robusta e di bell’aspetto.
Impressioni
generali sul suono dell'impianto nel locale d'ascolto.
Abbiamo
inserito lo Unison S6 nella catena che in questo periodo utilizziamo
normalmente per gli ascolti, che propone uno streamer di fascia media, un
convertitore di fascia media (ma entrambi, a nostro parere, campioni nel
rapporto qualità/prezzo) e diffusori che variano caso per caso. Per la maggior
parte di questi ascolti abbiamo scelto diffusori da pavimento di livello
adeguato alla catena a monte. Abbiamo poi trascorso un po’ di ore mettendo a
confronto l’integrato S6 con un altro integrato a valvole, sempre EL84, di
potenza e di prezzo un po’ inferiori, ma dalle prestazioni, a nostro giudizio,
superiori alla media nella sua fascia di prezzo. Questo S6, dopo averlo
scaldato a dovere – per i primi 20 minuti o poco più tende a suonare un po’
acidino e graffiante –, per una volta fornisce proprio il suono che un neofita
– e parlo di neofita solo perché un ascoltatore esperto, che abbia ascoltato
cinque o sei diversi amplificatori a valvole, sa che anche dalle valvole,
volendo, si può ottenere un suono brillante e dinamico – si aspetta da un
amplificatore a valvole, ma senza storture o eccessi di alcun tipo. Quindi un
suono ricco e denso, con una certa sfumatura di calore e di controllo sulle
medioalte. Al tempo stesso però si ha una notevolissima estensione in frequenza
e una dinamica molto coinvolgente. Un aspetto che ho molto gradito è la
coesistenza di questa impronta calda e corposa, ma senza esagerare, con una
capacità superiore ad altri prodotti, sia valvolari che a stato solido, di
adattarsi alle diverse caratteristiche di registrazione dei diversi album. Ho
avuto insomma una bella sensazione di “annullamento di personalità” a favore
del rispetto del segnale sonoro, tale per cui ogni album suonava in modo
parecchio diverso dagli altri a seconda di come era registrato. A mio parere
questa camaleonticità (mi si passi il termine) è una caratteristica molto
desiderabile in ogni componente e in ogni catena audio, e questo S6 per questo
aspetto mi è sembrato superiore alla media. I 35 Watt a disposizione, con tutta
evidenza aiutati da una alimentazione ben curata, mi sono sembrati più che
sufficienti a pilotare qualsiasi carico, e non ho mai osservato difficoltà o
indurimenti anche a volumi sostenuti nella nostra sala di ascolto, che è
piuttosto grandicella. Il confronto con un diverso amplificatore a valvole, di
potenza però dimezzata rispetto all’Unison, ha confermato le sensazioni
descritte in precedenza. Con l’amplificatore meno potente il suono risultava un
po’ con tutti gli album leggermente più caratterizzato sempre allo stesso modo,
e precisamente un pochino più aperto e quasi “frizzante”, con una pasta sonora
più chiara e meno densa. Si potrebbe osservare, a questo proposito, che lo
Unison probabilmente si accoppia meglio, almeno per le mie orecchie, ai
diffusori che abbiamo maggiormente utilizzato, che sono molto aperti e
dettagliati, e forse non sono i partner ideali per l’altro amplificatore. La
minor potenza di targa dell’amplificatore di confronto ha talvolta condotto a
difficoltà nel pilotaggio di diffusori particolarmente difficili che invece,
come detto, sono sempre stati ben gestiti dall’integrato Unison. Entrambi gli
apparecchi sono stati in grado di proporre una immagine di grande
soddisfazione, in questo aiutati dai diffusori che sono dei veri campioni per
questo aspetto.
Conclusioni.
Un integrato di
tutto rispetto, questo S6, senz’altro all’altezza del suo costo sia come
costruzione, per il poco che mi è possibile capire, sia soprattutto per il suo
comportamento sonoro. Il suo timbro leggermente vellutato magari non soddisferà
le esigenze proprio di tutti, ma mi sento di affermare che il suono prodotto da
questo integrato dovrebbe andare incontro a un ampio spettro di gusti,
considerando la sua spiccata abilità nell’assecondare le diverse
caratteristiche di registrazione dei diversi album. Come dico, non mi sembra
l’apparecchio adatto a chi ascolti esclusivamente generi “estremi” e desidera
soprattutto aggressività a ogni costo. Questa macchina tenterà di seguire anche
le incisioni e i generi aggressivi, ma non darà performance stellari per questo
specifico aspetto. Per tutti gli altri aspetti, invece, è un apparecchio che,
se rientra nel budget per un integrato e non si hanno idiosincrasie per le
valvole, deve essere ascoltato, naturalmente inserito in una catena all’altezza
e ben collocata in ambiente.
Impianto audio
formato da:
• Streamer 3D
Lab Nano Player Sonata V4
• DAC Merason
Frerot
• cavi digitali
coassiali Thender
• cavi di
segnale Audioquest Diamond rca
• cavi di
potenza MIT SL9 S12
• amplificatore
integrato di confronto Triangle Luminous 84
• diffusori
Audio Physic Classic 8
Locale
d'ascolto a piano terra con pareti in muratura, pavimento su terra, dimensioni
8x4.5x3 circa, trattato con DAAD, Tube Traps e altri pannelli
diffusori/assorbenti a soffitto. Acustica del locale in generale (ossia un po'
con tutti gli impianti che mi è capitato di ascoltarci) tendente all'asciutto e
arioso con un problema di risonanze modali attorno ai 100 Hz.
Diffusori
collocati a circa un quarto della lunghezza della stanza, a circa 1.5 metri
dalla posizione di ascolto e a circa 80 cm dalle pareti laterali. Decisamente
orientati verso il punto di ascolto.
Ulteriori commenti di Stefano
Poco da
aggiungere all’accurata disamina del Prof. Alla valutazione soggettiva
integrerei qualche nota che può aiutare il lettore a consolidare e completare
le proprie impressioni. Le valvole che equipaggiano l’amplificatore non sono
state quelle di serie (me ne sono reso conto solo successivamente). Non riporto
impressioni miei personali ma mi riferiscono che quelle di secondo
equipaggiamento (oggetto della prova) rendono il suono un pelino più arioso e
trasparente con tutto quello che comporta tale miglioramento anche sulla
ricostruzione scenica. Nulla comunque di particolarmente evidente se non al
confronto diretto e/o che abbia mutato le caratteristiche soniche di questo
amplificatore.
L’abbinamento
con la capacità di risoluzione in gamma alta dei diffusori Audio Physic Classic
8 è stato, anche a mio avviso, complessivamente sinergico, cosa invece che non
si può dire per il piccolo Triode Luminous 84 utilizzato per il confronto che
si comporta in modo più contrastato testo e preciso su tutto lo spettro udibile
e che, almeno nello specifico contesto di ascolto, probabilmente avrebbe
gradito un diffusore meno dettagliato a favore di un risultato complessivamente
più musicale. Altro aspetto da tenere in considerazione è la differenza di
prezzo e potenza dei due amplificatori comparati. Il piccolo Triode costa meno
della metà ed eroga meno della metà della potenza. Il confronto più corretto
avrebbe dovuto essere condotto con il modello superiore di Triode (TRV88XR) che
purtroppo non era presente nel momento in cui abbiamo testato l’S6 e del quale
però il sottoscritto ha già apprezzato un significativo incremento delle
prestazioni anche rispetto al precedente TRV88 e un’erogazione della potenza e
gestione dei diffusori ben superiore a quella del più piccolo Luminous
protagonista del confronto. Tuttavia avendoli ascoltati entrambi, sebbene in
contesti diversi, considero rappresentativo l’esito della comparazione
descritta dal Prof. in quanto se la capacità di pilotaggio del TRV88XR e la
dinamica esprimibili siano nettamente superiori a quelle del fratellino
Luminous 84, il carattere delle due elettroniche giapponesi appartiene allo
stesso family sound. Più netto, contrastato e trasparente il suono dei
giapponesi, più rilassante e musicale (ma assolutamente non mellifluo o poco
informativo) quello degli italiani.
Lo stile tra i
due brand è diverso ma l’attenzione alle finiture e alla realizzazione pongono
i due marchi al livello più alto raggiungibile nella loro categoria di prezzo.
Stante gli attuali standard di costruzione, listino e distribuzione, a mio
avviso lo Unison Research S6 merita di essere segnalato.
Per sfruttarlo
al meglio, suggerirei l’abbinamento a sorgenti e diffusori neutre o che
eventualmente tendano al “chiaro” pur ricordando, prima di ogni altra cosa, il
preponderante peso dell’interazione dei diffusori con l’ambiente di ascolto.
Buon
divertimento
Stefano -
Consound
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