Commenti del Prof. relativi all’Antipodes
K22 in versione G4
Ascolti effettuati a inizio
febbraio, con clima caldissimo per la stagione e asciuttissimo. Lo streamer in questione
ci è gentilmente stato fornito per diverse settimane per poterlo ascoltare e
valutare, ed era già usato e rodato, e dotato di una piccola libreria di files
musicali nel disco fisso al suo interno.
Commenti di tipo soltanto
“pratico” sullo streamer Antipodes K22.
La ditta Antipodes ha sede in
Nuova Zelanda e da diversi lustri produce streamer audio di altissima qualità.
Al momento il loro catalogo, almeno in Italia, propone 5 diversi modelli a
partire da 9100 Euro fino ad arrivare a 37700. Il K22 che abbiamo avuto in
prova è il secondo dal basso; di listino, credo con disco interno da 500 GB,
costa 11700 Euro. Viene descritto dall’importatore italiano come “Funzionalità
prevalentemente Player e Reclocker con capacità Server per librerie di media
grandezza (fino 8TB).” Player significa che può riprodurre files audio
inviandoli a un convertitore, Reclocker significa che se riceve files audio da
un dispositivo esterno tramite, tipicamente, un cavo LAN, prima di inviarlo al
DAC procede a ripristinare il segnale digitale corretto riducendo o eliminando
errori di trasmissione a monte (tipicamente il jitter). La capacità Server
significa che (a) contiene un disco fisso interno su cui si possono memorizzare
files audio, che nel caso del K22 vanno da 500 GB fino a un massimo di 8 TB e
(b) che contiene un processore in grado di far girare diversi software per la
gestione di librerie di files audio, quindi piuttosto ben stazzato. Fra questi
software va segnalato Roon, che è forse il più ricco di dotazioni e di
informazioni al momento, anche se a prezzo di una notevolissima pesantezza sia
per occupazione di memoria RAM sia di calcolo. Il K22 si presenta grande,
solido e pesante; sul frontale c’è poco o niente: un grosso pulsante di standby
e due piccoli LED per segnalare lo standby e la piena operatività. In ingresso,
sul retro, c’è una porta LAN, e in uscita si può scegliere fra coassiale,
AES/EBU, Toslink, HDMI e USB. C’è poi una presa per un clock esterno e altre
prese di servizio su cui non ho indagato. Dal punto di vista pratico ho trovato
questa macchina un filino più difficile della media, perché già solo se si
cambia output da digitale qualsiasi a USB bisogna entrare nel Setup del
software di controllo, che gira su browser, e selezionare l’output desiderato.
Diversamente il K22 non emette bit. Se si sconnette e riconnette il cavo LAN
non sempre il K22 prende al volo il suo indirizzo IP, ed è decisamente
raccomandabile prima metterlo in standby, poi cambiare il cavo LAN, e poi
rimetterlo in operatività. Se nel Setup dell’apparecchio per una qualsiasi
ragione non si è selezionata alcuna uscita audio il K22 non viene visto come
disponibile dai software di gestione della musica, anche se viene regolarmente
riconosciuto come presente sulla rete informatica. Se nel Setup dell’apparecchio
non viene scelto il software che fungerà da music server l’apparecchio risulta
irraggiungibile, pur essendo presente sulla rete informatica e visibile dal
Setup. Insomma: bisogna stare un po’
attenti a quel che si fa, e per prima cosa configurare tutto correttamente
sulla base sia dei collegamenti che del software con cui si vuol far suonare
questo K22. Stando ben attenti a queste operazioni preliminari non si hanno
ulteriori difficoltà e tutto procede regolarmente e senza intoppi; ma è certo
che ho visto streamer molto più “friendly”. Una caratteristica che io trovo
molto utile è che il disco fisso in dotazione è rimovibile dal retro
dell’apparecchio, e quindi si può tranquillamente iniziare dal “piccolo” da 500
GB e passare a dischi più capienti solo alla bisogna e senza dover cambiare
tutta la macchina (o portarla in assistenza) come capita con altri marchi.
Questo streamer gestisce files PCM fino a 32/768 e DSD fino a 512 sull’uscita
USB; sulle uscite digitali si ferma a PCM 24/192 e DSD solo 64 e solo in
trasmissione DOP, ossia DSD over PCM. Noi abbiamo ascoltato sia l’uscita
AES/EBU che la USB; inoltre abbiamo messo a confronto questo streamer con altri
due di costo solo di poco inferiore, e abbiamo infine cercato di rilevare
differenze all’ascolto derivanti dall’utilizzo prima del server Roon interno al
K22, riproducendo files interni al disco fisso del K22, e poi di un server Roon
installato su un PC esterno, riproducendo gli stessi files audio però residenti
sul disco fisso del PC esterno.
Impressioni generali sul suono
dell'impianto nel locale d'ascolto.
Per gli ascolti di questo
streamer abbiamo avuto a disposizione una intera catena di livello più che
adeguato, il che ci ha permesso di evitare colli di bottiglia che potessero
mascherare pregi ed eventuali difetti dei componenti. In particolare abbiamo potuto
utilizzare ben 3 diversi DAC, di cui due di livello altissimo e uno di buon
livello, che ha mostrato il solo limite, rispetto agli altri due, di una grana
leggermente meno fine. Amplificatore, diffusori e cablaggi sono rimasti fissi,
ed erano tutti di livello adeguato a questo streamer. Questa catena a mio
parere avrebbe meritato anche un buon filtro di alimentazione, viste le pessime
caratteristiche della tensione di rete disponibile nello showroom di Consound,
ma in questo periodo non avevamo a disposizione niente che fosse all’altezza.
Abbiamo parlato in passato sia del filtro PS Audio che del filtro Vexo, e siamo
sicuri che entrambi avrebbero portato un contributo positivo facilmente
percepibile, specie sulla qualità della scena acustica e dei contorni di voci e
strumenti, in una catena audio di livello alto come quella utilizzata per
questi ascolti. Ma proviamo a dire finalmente qualcosa sul suono che si ottiene
con la catena audio di base, quindi con il K22 come streamer, Roon server
residente nel K22, files audio residenti nel K22, DAC di livello massimo,
finale e diffusori. Corposità, ricchezza di dettagli, raffinatezza del tessuto
musicale e grandissimo controllo soprattutto dei mediobassi sono le prime
caratteristiche specifiche di questo ascolto che ho notato. L’eccellente scena
acustica a mio parere rimane intrinseca ad altre componenti della catena, e in
primis alla geometria di diffusori e punto di ascolto, e alle caratteristiche
dei diffusori medesimi. Come ho detto in occasione di ascolti precedenti,
questa catena, anche e soprattutto per merito della sorgente e del DAC,
fornisce un suono estremamente vivace, o meglio “vivo”: una caratteristica che
di rado riesco a percepire nel suono di files audio e che di solito associo
agli ascolti di vinile ben prodotto a partire da master analogici. Il digitale,
almeno per le mie orecchie e per il mio cervello un po’ datati, e abituati da
decenni agli ascolti analogici, tende a suonare un po’ troppo dolce, rilassato,
morbido: non tanto per la timbrica, che comunque segue sempre pedissequamente
ciò che i files contengono, ma per la sensazione di assenza di vitalità, cosa
che invece riesco spesso a ritrovare nei buoni vinili. Come se il digitale
proponesse contorni arrotondati per ogni strumento e ogni voce. Dopo aver
effettuato ascolti prolungati di questa catena, mi sento di affermare che il
difetto, a quanto pare, non risiede nel digitale di per sé, ma negli apparecchi
con cui lo si ascolta. Il digitale oggi può suonare bene nel senso a cui mi
riferisco, ma purtroppo ancora al giorno d’oggi per ottenere dal digitale la
sensazione di suono vivo che è relativamente facile ottenere dall’analogico –
vinile, ma anche nastri da ¼ di pollice a velocità di rotazione sufficiente –
serve spendere cifre molto alte. O meglio: non so se “serva”, ma certamente è
necessario, perché gli apparecchi digitali di costo abbordabile per persone
normali come il sottoscritto a mio parere ancora producono un suono ben lontano
dall’avvicinarsi alla vitalità di un buon suono analogico. Questo K22, inserito
in una catena adeguata e curando interfacciamenti e soprattutto ambiente e
geometria di ascolto, mi dimostra che si può ottenere un eccellente e
vitalissimo suono anche dal digitale. Se proprio, in questo suono così
attraente e soddisfacente rilevo forse un eccesso di “perfezione”, quindi una
cosa per definizione incompatibile con la vita “reale”, che ancora mi fa
preferire l’analogico: ma in questo caso deve essere un analogico di livello
eccelso. Non posso dirvi cosa, nella progettazione e costruzione di questo
streamer, sia decisivo per questo risultato, né tantomeno se questo “cosa”
tanto decisivo meriti i soldi che oggi vengono chiesti, ma tant’è. Mi ripeto:
dopo questi ascolti constato che al giorno d’oggi è diventato possibile
ottenere un suono digitale bello e coinvolgente ed emozionante, ma a costi
ancora troppo alti. Spero che manchi poco tempo al momento in cui apparecchi
audio digitali di costo abbordabile produrranno un suono così completo e
soddisfacente. Due parole, per terminare, sui diversi confronti che abbiamo
potuto effettuare. Il primo è semplicemente riferito a streamer diversi nelle
medesime condizioni al contorno. Il K22 è risultato superiore agli altri due
che abbiamo potuto confrontargli, soprattutto come finezza di grana, precisione
di contorni e sensazione di luminosità del messaggio sonoro nel suo insieme. Ma
non c’è stata una superiorità schiacciante, un indizio del fatto che abbiamo
confrontato apparecchi tutto sommato equivalenti. Il passaggio del cavo di
output da AES/EBU a USB ha mostrato che (a) con la connessione USB si ottiene
un volume decisamente più alto a parità di controlli e ma (b) l’uscita AES/EBU
sembra fornire una prestazione complessiva leggermente più raffinata,
ovviamente a parità di volumi. Infine, il confronto fra utilizzo di server Roon
e files interni a K22 contro server Roon e files esterni, residenti su un PC
dedicato, ha mostrato praticamente quasi nessuna differenza, al punto che io ho
trovato leggermente superiore l’ascolto con il Roon interno, che mi è sembrato
un tantino più luminoso, mentre Stefano ha trovato un pochino più a fuoco il
suono riprodotto da Roon eseguito sul PC esterno, facendo quindi lavorare il
K22 come streamer puro e non come anche server. La scarsissima differenza fra i
due ascolti potrebbe derivare dal fatto che il K22 contiene un reclocker; se
avessimo ascoltato il K21, praticamente identico al K22 ma privo di reclocker
interno, probabilmente la differenza fra usare Roon interno ed esterno sarebbe
risultata più evidente, credo a favore di Roon interno. Il solo vero salto di
livello verso il basso, seppure non drammatico, è stato da noi percepito
sostituendo o lo streamer o il DAC e passando da apparecchi da dodicimila a
quattromila Euro per lo streamer, e da diciottomila a novemila Euro per il
convertitore. Come dicevo, purtroppo oggi per ascoltare come si deve il
digitale servono ancora molti, troppi soldi.
Conclusioni.
Stiamo parlando di catene audio
di livello alto, quindi sembrerebbe normale che suonino bene, qualsiasi cosa
ciò significhi. La cosa invece non è affatto scontata, perché se non si curano,
specie in presenza di componenti costosi e potenzialmente di ottima qualità,
per prima cosa l’ambiente e la geometria di ascolto e di seguito tutti gli
interfacciamenti si finirà per restare delusi. Ho ascoltato spesso catene
supercostose fornire risultati miseri, soprattutto per colpa di ambienti di
ascolto veramente ridicoli. Vorrei ricordare che in molti casi, soprattutto (ma
non solo) se si ascolta musica digitale, può bastare un DSP ben tarato per
ottenere dalla catena audio quasi tutto ciò che può fornire, come ci è
recentemente capitato da un cliente che senza DSP pretendeva di ascoltare bene
una catena da forse duecentomila Euro però collocata in un sottoscala. E
ricordo che Roon include un eccellente software per DSP – sia in versione
parametrica che in versione convolution, ancor più raffinata ma che richiede hardware
di calcolo veramente robusti specie per gestire file DSD – dei files audio che
viene chiamato a riprodurre, risultando quindi una valida alternativa, visto il
suo costo, all’acquisto di un apparecchio DSP puro che oltre tutto richiederà
cavi addizionali. Lo streamer Antipodes Kala 22 rientra nella categoria degli
apparecchi costosi e di qualità audio più che adeguata al costo, almeno per gli
standard di oggi, e consigliamo di provare ad ascoltarlo se si ha un budget di
questo tipo e si vuole avere, nelle giuste condizioni, il suono che ci si
aspetta. Si tratta di un apparecchio che soddisferà chiunque, dato che non gli
abbiamo riscontrato idiosincrasie o tendenze particolari. Suona bene tutto ciò
che è registrato bene, e basta. Concorrenti, nella fascia di prezzo? pochi,
direi … mi vengono in mente dei Lumin, dei Weiss, dei Naim, che però non sono
per tutti i gusti, degli Innuos, dei Vermeer, forse altro che mi sfugge e di
cui mi scuso. Poi ci sono apparecchi molto più costosi, anche della stessa Antipodes,
ma direi che sarà bene fermarci qui.
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Impianto audio formato da:
· Server
Roon per i files audio, sia interno al K22 sia su PC esterno con alimentatore
separato Keces P14
· Streamer
di confronto: Vermeer Three e Innuos Zenith Mk3
· DAC:
Vermeer Three, MSB Discrete e Leema Libra
· cavo
digitale AES/EBU HiDiamond Digital Reference AES1
· cavi
di segnale MIT SL6 XLR
· cavi di potenza
XLO REFERENCE 2
· finale
di potenza Leema Hydra Anniversary
· diffusori
Audiovector R3 Arreté con cavi di massa Freedom.
Locale d'ascolto a piano terra con pareti in muratura, pavimento su
terra, dimensioni 8x4.5x3 circa, fortemente trattato con DAAD, Tube Traps e
altri pannelli diffusori/assorbenti a soffitto. Acustica del locale in generale
(ossia un po' con tutti gli impianti che mi è capitato di ascoltarci) tendente
all'asciutto e arioso con un problema di risonanze modali attorno ai 100 Hz.
Diffusori collocati a circa un
quarto della lunghezza della stanza, a circa 1.5 metri dalla posizione di
ascolto e a circa 100 cm dalle pareti laterali. Decisamente orientati verso il
punto di ascolto.
Spedizioni in tutta Italia
Lun-Ven 15-18, Sab 9-12:30 15-19
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