Recensione Audio Physic Spark (6^ edizione, da supporto)
Seguono i commenti del recensore amatoriale esperto presso lo showroom Consound.
Ascolti effettuati a inizio agosto con clima decisamente temperato. I diffusori erano appena arrivati in negozio, nuovi e imballati. Come tutti i trasduttori, più ancora delle elettroniche pure, necessitavano di rodaggio, e difatti il suono iniziale, appena aperti e collegati, era clamorosamente deludente: inscatolato, nasale, quasi fastidioso. Abbiamo deciso di lasciarli lavorare ininterrottamente per un paio di giorni – una cinquantina di ore –, uno di fronte all’altro a volume mediobasso e in controfase per limitare i disturbi notturni, prima di procedere con ascolti sensati. Superata questa fase iniziale, assolutamente indispensabile, tutto si sistema e infine di questi diffusori emerge, rimanendo poi abbastanza stabile ma in continuo leggero miglioramento asintotico (suppongo), la spiccatissima personalità su cui diremo le nostre impressioni nel seguito.
Commenti di tipo soltanto “pratico” sui diffusori Audio Physic Spark.
Questa volta parliamo di diffusori da stand di livello molto alto, e dalle caratteristiche sia costruttive che soniche abbastanza particolari: gli Audio Physic Spark, che appartengono alla linea top – la Reference – della ditta tedesca, assieme ai ben più grandi Cardeas, Codex, eccetera. La linea più popolare di Audio Physic è forse la Classic, di cui abbiamo già parlato in passato e che ci aveva colpito soprattutto per l’equilibrio e la personalità tranquilla, quasi riservata, predisposta ad assecondare quanto contenuto nel messaggio musicale in entrata senza aggiungere o levare di testa propria. Ora, non so se sia una caratteristica di tutta la linea Reference, e ancora di più ignoro qualsiasi cosa sul modello Medeos, di categoria a parte e che di listino si aggira sui 160mila Euro, ma questi Spark non mi sono affatto sembrati inseriti nello stesso solco delle Classic che ho ascoltato, in questo senso: anzi, all’ascolto sembrerebbero diffusori prodotti da tutt’altra azienda! Questi Spark sono diffusori da stand di dimensioni piuttosto importanti (quasi 50 cm di altezza e quasi 40 di profondità) a 3 vie con bass reflex posteriore, e col woofer posto alla sommità, il tweeter in posizione centrale e il midrange in basso. Questa scelta avrà certamente avuto una valida motivazione, perché alla luce della strana forma del cabinet, di cui parlo dopo, risulta, almeno a me, veramente incomprensibile. Il loro prezzo di listino si aggira sui 6600 Euro per la coppia. Il costruttore dichiara una impedenza media di 4 Ohm e una efficienza di 88 dB: non i dati più incoraggianti del mondo, soprattutto per chi possiede una amplificazione minima e un locale di ascolto ampio, ma nemmeno impossibili. I morsetti per i cavi di potenza si presentano molto bene, con positivo e negativo ben segnalati (cosa non banale, in questo strano mondo della hi-fi), e non permettono il bi-wiring; mi sembra però di aver capito che si può ottenere anche una versione con bi-wiring a richiesta. Il frontale è totalmente ricoperto da una lastra di vetro (o almeno così sembra: non ho indagato), che ovviamente lascia liberi gli altoparlanti e ha un notevole spessore, di circa mezzo centimetro. Non ho ben capito cosa ci sia dietro il vetro, ma credo un pannello in MDF e della gomma, di cui non conosco né le specifiche né la geometria: soprattutto ignoro a cosa siano connessi i telai degli altoparlanti, cosa peraltro potenzialmente utile per capire le ragioni della personalità sonica di questi diffusori. Le loro dimensioni e la presenza di questa finitura in vetro, molto bella da vedere ma dallo scopo a me ignoto (sono certo che avrà le sue ragioni di essere, magari per appesantire/irrigidire il frontale o cose del genere), farebbero pensare a un peso importante, che invece non sussiste. Questi Spark sono molto facili da spostare: il costruttore dichiara un peso, credo dei due diffusori assieme, di 18 Kg “glass”, come scritto in modo un po’ oscuro sul sito Audio Physic. Forse esistono finiture senza il frontale di vetro, ma non ho indagato. La notevole leggerezza dei diffusori potrebbe indurre a dubbi sulla capacità del mobile di contenere le risonanze proprie, ma il costruttore ci rassicura dicendo che l’interno è riempito con sandwich/nido d’ape, in modo tale da non avere problemi di alcun tipo e ottenere una struttura comunque sorda quanto serve. Gli Spark sono disponibili in 5 o 6 finiture diverse; a noi è arrivata quella impiallacciata in vero legno a nome Black Ebony High, che a me sinceramente piace pochissimo … una vera pacchianata come ci si aspettava fino a qualche tempo fa da certi prodotti tedeschi vecchio stile. Ma come dico si possono trovare altre finiture, per soddisfare i propri gusti. Un’altra caratteristica su cui il costruttore pone l’accento è la mancanza del centratore (spider, in Inglese) sul midrange. Ignoro le conseguenze di questa scelta sia in teoria che in pratica, al di là di quanto ho potuto ascoltare con le mie orecchie. Il cabinet ha la simpatica caratteristica di poter essere molto facilmente aperto dal retro, per raggiungere penso crossover e altoparlanti, svitando un po’ di viti e rimuovendo un pannello di poco più piccolo dello spazio disponibile sul retro stesso. Sopra questo pannello posteriore c’è l’uscita del bass-reflex, a forma rettangolare smussata molto allungata in orizzontale. Lascio per ultima la caratteristica che mi ha maggiormente incuriosito già a prima vista: il cabinet ha forma di parallelepipedo regolare con gli spigoli appena arrotondati, ma è tutto inclinato all’indietro di circa 15 gradi, con le facce superiore e inferiore comunque orizzontali ma la superiore arretrata di circa 5 centimetri rispetto all’inferiore. A vederli la prima volta sembra che stiano per ribaltarsi … e poi viene subito da pensare a un artificio per correggere la fase acustica e far emettere tutti gli altoparlanti dalla stessa distanza dalle orecchie dell’ascoltatore. Invece, come detto prima, la disposizione degli altoparlanti, tipo D’Appolito ma col woofer in alto, sembra decisamente smentire questa ipotesi, e la ragione di questo arretramento di woofer rispetto al tweeter e di entrambi rispetto al midrange, per non parlare dell’inclinazione della faccia posteriore, mi rimane misteriosa. D’altra parte, alla fine a me dei componenti audio interessa il suono, e un diffusore può avere qualsiasi forma – pensiamo per esempio a certi Vivid, o anche ai più famosi Nautilus di Bowers & Wilkins – anche orripilante alla vista e totalmente incomprensibile … ma se il diffusore suona bene e magari proprio quella forma gli dà il contributo essenziale allora ben venga, e al diavolo l’estetica e con essa il famigerato WAF che spero sia in via di estinzione, e con esso tutte le battutacce più o meno inutili che leggo in rete su mogli, fidanzate e donne in generale con riferimento, s’intende, all’audiofilia. Non tutti la pensano come me, peraltro, e questi diffusori vanno comunque visti e digeriti, oltre che ovviamente ascoltati a lungo, prima di metterseli in casa. Qualche informazione più approfondita sugli Audio Physic Spark, oltre che nel sito di Consound, si può iniziare a trovare al link
https://www.audiophysic.com/en/product/spark/
ma credo che si trovino in rete parecchi siti con recensioni accurate anche sugli aspetti tecnici di questi diffusori, aspetti che mi sembrano in quantità superiore alla media e tutti potenzialmente interessanti. In effetti, già solo a prima vista questi Spark mi sembrano suggerire un sacco di lavoro e di nuove idee da parte dei progettisti, il che me li rende da subito piuttosto intriganti. Due parole sulla collocazione in ambiente degli Spark, che dopo alcuni tentativi è risultata abbastanza diversa rispetto alle nostre normali abitudini. Dietro suggerimento di Stefano, credo sulla base di quanto sentito direttamente dal produttore, o forse solo letto in qualche sito o cosa affine, i diffusori sono alla fine stati collocati su un piano verticale ben più vicino del solito al punto di ascolto, sono stati decisamente più distanziati fra loro, dando la sensazione visiva di lasciare un grosso “buco” al centro, e orientati parecchio verso il punto di ascolto. Avevamo a disposizione stand forse un po’ troppo alti, considerando l’altezza dei diffusori, ma comunque molto pesanti e sordi.
Impressioni generali sul suono dell’impianto nel locale d’ascolto.
Questi diffusori sono stati inseriti nella catena audio di livello alto che utilizziamo normalmente per gli ascolti in questo periodo, con sorgente solo digitale, costituita da uno streamer/DAC con controllo di volume Leedh, connesso direttamente a un finale di potenza in grado di pilotare senza problemi anche i sassi. Lo streamer era governato da Roon per ascoltare soltanto files a risoluzione non minore di 44.1/16, quindi non inferiore al CD standard. Roon fornisce anche un DSP tarabile a piacere, e quindi per prima cosa da utilizzare per controllare i modi di risonanza in bassa frequenza della sala d’ascolto; tuttavia, le caratteristiche di emissione di questi Spark ci hanno indotto ad ascoltare l’intera catena senza alcuna modifica al segnale digitale. Il collegamento fra finale e diffusori è stato realizzato con cavi di potenza un po’ particolari, con conduttori in argento, predisposti per il bi-wiring e quindi connessi ai diffusori nel solo modo possibile, appaiando in ciascun morsetto le due banane che terminano ciascun cavo lato diffusori. Abbiamo optato per questa stranezza solo perché il suono di questi cavi (…) si è rivelato assai sinergico con la personalità dei diffusori, cosa peraltro nient’affatto garantita – anzi: sono quasi di più i casi di cattivo accoppiamento – con diffusori diversi. Infine abbiamo inserito, perché in urgenza di rodaggio, sia un filtro di segnale di rete della Network Acoustics, con cavi LAN dedicati, fra il server che contiene i files musicali e lo streamer/DAC, che uno switch Chord (English Electric) EE8Switch. Anticipiamo (spero di poterne parlare in futuro in modo dedicato) che la presenza del filtro di rete, che però stando al produttore richiede un lunghissimo ma essenziale rodaggio che non abbiamo ancora avuto il tempo di fare, ha prodotto già da subito effetti positivi udibili, specialmente sulla precisione e la rifinitura del suono che si ascolta. Non abbiamo ancora potuto valutare l’importanza dello switch dedicato, ma contiamo di occuparci quanto prima anche di questo componente. Superato il periodo di rodaggio iniziale, assolutamente indispensabile, questi diffusori si sono rivelati particolarmente interessanti, e per certi versi quasi unici. Tante sono le sensazioni che colpiscono. La prima è di un suono sostanzialmente leggero e aperto ma eccezionalmente trasparente e dettagliato. La seconda è di una immagine larghissima e completa, senza alcun “buco” al centro nonostante la notevole distanza fra i diffusori, forse con una profondità non estrema come con altri prodotti ma comunque del tutto soddisfacente (probabilmente c’è da lavorarci di fino, ma come al solito non ne abbiamo avuto il tempo). Tutti gli strumenti e le voci appaiono più “piccoli” e più separati fra loro rispetto a qualsiasi altro diffusore io abbia ascoltato in questa saletta. Questa caratteristica si confronta con questioni di gusto personale, ovviamente: a me piace moltissimo, perché detesto i gigantismi artificiali derivanti da microfoni piazzati nelle tonsille dei cantanti oppure nelle f dei violini eccetera. Un album di jazz/tango che mi piace assai sia tecnicamente che artisticamente ha una fisarmonica che di solito occupa un po’ troppo spazio, ma che con questi Spark torna senz’altro a dimensioni realistiche. L’estensione in alto, il microdettaglio e la microdinamica sono assolutamente eccezionali: non si patisce alcuna fatica di ascolto nonostante il livello e la ricchezza delle frequenze che vanno dalle medie alle altissime. Il suono prodotto da questi diffusori è velocissimo – merito anche del finale a cui li abbiamo accoppiati – e in apparenza superlineare diciamo da 200 Hz in su. Viene dato grande risalto a particolari che spesso risultano occultati e/o impastati con altri diffusori, e si nota facilmente una sensibilità superiore alla media verso la qualità della registrazione, senza tuttavia tendenze facili da prevedere, se non, forse (io non ci sono arrivato), dopo un lunghissimo tempo di ascolto e una conseguente raggiunta familiarità col suono riprodotto. Con alcune brutte incisioni esce proprio un brutto suono, senza speranze. Con altre incisioni comunque commerciali, non certo particolarmente belle, tipo Wind & Wuthering dei Genesis post Peter Gabriel, si ottiene un suono non eccelso timbricamente, come credo sia normale, ma viene restituito un dettaglio spaventosamente ricco e quindi l’ascolto è complessivamente di soddisfazione superiore alla media. Ma succede pure che con altre incisioni fatte bene si ottenga un suono peggiore che con altri diffusori, e d’altro canto che con incisioni ben fatte ma per qualche aspetto diverse dalle precedenti si possa ascoltare un suono veramente impressionante. Insomma: è difficile, almeno per me nel poco tempo che ho avuto a disposizione, capire con chiarezza cosa gradiscono e cosa non gradiscono questi Spark. Certamente non sono diffusori ruffiani, e quindi non vanno bene, o nemmeno benino, per qualsiasi album, né per qualsiasi gusto. Probabilmente non perdonano registrazioni non troppo curate sotto l’aspetto della localizzazione: per esempio, A night in Tunisia, di Art Blakey & Jazz Messengers, suonava un po’ troppo dentro i diffusori per i miei gusti, e pure si tratta una registrazione abbastanza usata per le prove di ascolto, e spesso di grande effetto. Ma con gli Spark non rendeva al meglio, secondo me. Anche i Grand Études de Paganini di Liszt, suonati da Lazaridis, per quanto ben incisi rispetto a tanti altri pianoforti, erano meno belli che con altri diffusori: penso per esempio a una coppia di Coincident, di costo peraltro assai superiore, che teneva sotto controllo il suono di quel pianoforte molto meglio anche a volume molto realistico. Ma, come dico, con tanti altri album, incisi male o incisi bene, l’ascolto è stato per molti aspetti veramente strepitoso. La macrodinamica mi è parsa nella norma per il litraggio del mobile e per le dimensioni dei trasduttori: manca niente di essenziale, ma non bisogna aspettarsi pugni nello stomaco o salti sulla poltrona, anche se c’è spesso un notevole impatto emotivo derivante da altri aspetti. Il suono è sempre e comunque leggero, trasparente, quasi aereo, ricchissimo e dettagliatissimo ma assolutamente non affaticante, senza pressione eccessiva. Il basso è però molto limitato, nonostante il volume degli Spark non sia minimo – circa 37 litri cadauno, ma il woofer è da soli 7 pollici (quasi 18 cm) –, e a onore del costruttore non c’è alcun tentativo di coprire la mancanza: quel che c’è si sente e si sente bene, e quel che non c’è manca del tutto e se non altro non contribuisce a sporcare le frequenze ben udibili, né soprattutto a eccitare i modi propri del locale di ascolto in bassa frequenza. Quest’ultimo aspetto potrebbe risultare un plus clamoroso per chi ascolta in ambienti sfortunati e, come tanti soprattutto fra quelli un po’ su di età, si rifiuta selvaggiamente di prendere in considerazione sia trappole acustiche sia DSP o affini. Qui in Consound siamo in un locale grande per questo tipo di diffusore preso da solo; in un ambiente più piccolo ci potrebbe essere più equilibrio. Con un subwoofer velocissimo e ben incrociato l’effetto complessivo potrebbe essere tutt’altra cosa. Senza subwoofer, in un ambiente medio o grande questi diffusori secondo me sono praticamente improponibili per heavy rock o metal o altri generi per amanti dei pugni nello stomaco. A mio gusto, in questo opposto a quello di Stefano, gli Spark producono in complesso un suono un filino troppo artificioso, un tantino innaturale, troppo “perfetto” (bassi a parte), un po’ troppo chiaramente “da impianto”: quasi un super suono, che con certa musica d’effetto è comunque realmente impressionante. Tuttavia, con la maggior parte delle incisioni puramente acustiche, inclusa la musica classica, questi Audio Physic non sono del tutto per i miei gusti, che preferiscono un po’ più di naturalezza, quasi di “imprecisione”, se così posso dire in modo comprensibile e senza scatenare putiferi. Rimane in ogni caso, anche quando l’emissione non si adatta timbricamente alle mie orecchie e al mio cervello, l’eccellenza assoluta, almeno nella classe di prezzo e anche parecchio sopra, sia nella linearità e nella trasparenza sia nel riempire di suono lo spazio e scomparire fisicamente di fronte all’ascoltatore – ed ecco che io sono estremamente sensibile a quest’ultimo aspetto, negli ascolti di musica riprodotta. Difficile la buona vecchia alta fedeltà (qualsiasi cosa questo termine significhi) … si vuole sempre la botte piena e la moglie ubriaca, ma senza mai riuscirci. Quasi certamente, infine, questi diffusori beneficerebbero di una migliore messa a punto di elettroniche, cavi e posizionamento in ambiente, come ogni prodotto audio di grande classe e, come in questo caso, di grandissima personalità.
Conclusioni.
Voglio ripetermi e autoprovocarmi una seconda volta, dopo le Fyne F703: diffusori da stand da 6500 Euro? con una risposta in frequenza dichiarata che inizia da 40 Hz? l’alta fedeltà è impazzita! ci prendete per i fondelli!! eccetera. Lasciando perdere le questioni di prezzo per le solite ragioni di cui ho già parlato altre volte, ebbene sì: ci propongono diffusori da stand da 6500 Euro di listino la coppia e senza bassi profondi, frequenze che, peraltro, molti anziani o meno giovani faticano a sentire comunque. Dobbiamo ignorarli? dobbiamo essere curiosi? o scettici? dobbiamo spaventarci? Come sempre, a me sembra che dobbiamo sospendere ogni giudizio, anche e soprattutto quelli basati solo sulle pubblicità o sulle cosiddette recensioni, e se questi Spark ci interessano in linea di principio (a me interessavano), e rientrano nel nostro budget (non rientrano nel mio per questo tipo di diffusori), dobbiamo ascoltarli (e solo dopo averli ascoltati io ho capito che non fanno per me ma certamente fanno per tantissimi altri con gusti solo di poco diversi dai miei: per esempio, stando a quel che lui stesso mi dice, fanno eccome per Stefano). Non sono di sicuro diffusori qualsiasi né inutilmente costosi, e sono diversi da moltissimi altri concorrenti per svariati aspetti. Qui quantomeno siamo nell’eccellenza per i diffusori da stand su moltissimi parametri, a patto di non aver bisogno di grandissima dinamica, di bassi poderosi e di pugni nello stomaco. E per molti versi possono essere considerati diffusori definitivi, non certo di primo acquisto in un impianto provvisorio e/o economico. L’effetto al primo ascolto decente, superato il rodaggio, mi ha fatto venire in mente, solo in termini di timbrica (bassi esclusi), di dettaglio, di impatto emotivo e di trasparenza, i vecchi Sonus Faber Extrema. A Stefano ricordano, per alcuni aspetti, dei vecchi YG Acoustics, costosissimi … e non mi sembra di parlare di bruscolini in nessuno dei due casi. A mio parere, sempre budget permettendo, gli Audio Physic Spark sono indicati, e forse quasi irrinunciabili, per chi ama un’amplissima scena acustica e una grande trasparenza, unite a una linearità quasi assoluta nella risposta sopra i 200 Hz, e installa la catena di ascolto in un ambiente di dimensioni non eccessive, a patto sempre di lasciare aria attorno ai diffusori e collocarli in modo da dare il meglio, e a patto di curare con attenzione la catena a monte. Resi completi da un sub esteso, veloce e che fornisca impatto a tutte le frequenze udibili di sua competenza, questi Spark potrebbero equivalere o anche superare – come scena acustica potrebbero facilmente battere molti diffusori con baffle molto largo – importanti sistemi da pavimento di costo molto molto superiore e probabilmente molto molto più difficili da pilotare e da collocare in ambiente per ottenerne il meglio. Un prodotto veramente originale e intrigante, finalmente.
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Impianto audio formato da:
• server Roon per la gestione dei files audio residenti su HD di server dedicato con alimentazione esterna Keces P14
• streamer, DAC e controllo di volume Leedh Vermeer Three
• finale di potenza Leema Hydra II Anniversary Edition
• cavi LAN e filtro LAN Network Acoustics Muon Pro
• cavi di segnale: Mit SL6XLR-1 1.5 m
• cavi di potenza: Woodson/Zen in argento in mono-wiring
• switch di rete English Electric con cavo LAN Chord associato.
Locale d’ascolto a piano terra con pareti in muratura, pavimento su terra, dimensioni 8x4.5x3 circa, fortemente trattato con DAAD, Tube Traps e altri pannelli diffusori/assorbenti alle pareti e a soffitto. Acustica del locale in generale (ossia un po’ con tutti gli impianti che mi è capitato di ascoltarci) tendente all’asciutto e arioso con un problema di risonanze modali attorno ai 40 e ai 100 Hz.
Diffusori collocati a circa un quinto della lunghezza della stanza, puntati verso la parete più vicina, a circa 1.2 metri dalla posizione di ascolto e a circa 80 cm dalle pareti laterali. Orientati verso il punto di ascolto.
Seguono i commenti di Stefano (commerciale Consound)
Questi diffusori da supporto utilizzano la migliore tecnologia sviluppata dal costruttore tedesco e sono particolari alcune soluzioni che lo contraddistinguono dalla gran parte delle attuali produzioni similari.
In particolar modo il cabinet adotta una costruzione a strati multipli avanzata, nota come "multi-sandwich housing" (o "multi-sandwich cabinet"), unita a una struttura interna a nido d'ape (high-tech honeycomb construction) progettata per minimizzare le vibrazioni e le risonanze interne.
I pannelli esterni in vetro non sono solo estetici, ma sono parte integrante del design acustico. Agiscono come elementi di smorzamento, aiutando a disperdere e a sopprimere le risonanze del cabinet per ottenere un suono più chiaro e non colorato.
Particolare l’inclinazione del cabinet che anch’io come il nostro recensore non sono riuscito ad interpretare.
Non ultimo il sistema woofer Double Surround che, insieme alla struttura interna, è progettato per ottimizzare l'erogazione dei bassi nonostante le dimensioni relativamente compatte (lavorando con una porta reflex posteriore).
Il risultato è un diffusore relativamente leggero ma con le caratteristiche di abbattimento delle colorazioni tipico dei rigidissimi e pesantissimi cabinet in alluminio che caratterizzano i modelli top di gamma di diffusori quali gli YG Acoustics ai quali decisamente questi Spark assomigliano anche come resa sonica.
Le peculiari caratteristiche degli altoparlanti custom descritte dal nostro recensore contribuiscono fa fare il resto.
Evidenzierei in effetti la resa sonica di questi diffusori. Sicuramente le 50 ore di funzionamento non hanno ultimato il rodaggio ma qualcosa si è sentito e quel qualcosa è a mio avviso abbastanza eccezionale.
Il diffusore è naturale e rifuggendo da colorazioni e imbellimenti potrebbe per alcuni singoli aspetti risultare meno intrigante rispetto a qualcosa di maggiormente “personalizzato”.
Un aspetto che ad esempio io trovo particolarmente attraente è l’illusione di profondità della scena acustica. Da questo punto di vista ho sentito, molto raramente, qualche diffusore che suggerisce ancora qualcosa in più per questo specifico aspetto. È però anche vero che tutti i diffusori che sono riusciti a dare qualcosa di più nel suggerire la sensazione di profondità virtuale, presentano un avvallamento in gamma medio alta (normalmente situato tra i 2 e 6kHz) posizionato ad arte o, in altri casi, degli altoparlanti con emissione posteriore; nessuno di questi riusciva ad essere altrettanto trasparente nella riproposizione delle voci o degli strumenti che hanno la loro fondamentale in tale range di frequenze ma soprattutto, nessuno riusciva ad essere altrettanto chiaro nell’illuminare e delineare gli strumenti collocati posteriormente.
Per quant’altro, larghezza della scena e focalizzazione degli strumenti e voci le Spark si collocano semplicemente nell’olimpo dei trasduttori indipendentemente dal prezzo e dalle dimensioni con particolare menzione alla capacità di sparire come sorgente del suono a livello quasi inaudito fino ad ora. Quasi inaudito perché ricordo che gli Anat di YG Acoustic poi diventati Sonja mi hanno regalato la stessa sensazione di naturale trasparenza (non certamente ricavata da un’artificiosa esposizione della gamma alta), la stessa sensazione di mancanza di colorazione del mobile, la stessa impressione di suoni svincolati dai diffusori, la stessa illuminazione della scena nelle zone più lontane e recondite e non ultimo la stessa sensazione di percepibile maggiore trasparenza rispetto ad altri eccellenti diffusori. Direi addirittura che le Spark fanno qualcosa di più (rispetto alle YG) in termini di larghezza della scena.
Difficilmente inoltre ho sentito qualcosa di più coerente se non qualche riuscitissimo altoparlante a banda intera non filtrato al quale le Spark si approssimano tantissimo estendendone certamente la gamma di riproduzione.
Forse perché esco dalle recenti esperienze di ascolto di diffusori che in ambiente arrivano “flat” tra i 20 e i 25 Hz, esattamente come successo per le YG, ascoltando in ambiente grande e assorbente sono rimasto un po’ deluso dalla gamma bassa. Non che sia manchevole quanto ad estensione rispetto alla media dei migliori diffusori di queste dimensioni e anzi si rivela eccellente quanto a pulizia e velocità ma è a mio avviso sproporzionata per estensione rispetto all’eccezionale gamma alta.
Con le YG avevo risolto abbinandole al sub (attivo) dello stesso produttore e penso che le Spark meritino lo stesso trattamento e cioè meritino di essere abbinate ad un sub di estrazione assolutamente audiophile, tarato per la riproduzione naturale della gamma sotto i 50 Hz, iper rapido e musicale, insomma idoneo per tenere testa a questi stratosferici diffusori.
Presumo pertanto che potrebbero essere totalmente soddisfatti gli utilizzatori che collocano gli Spark in un ambiente adeguato o chi non si cura del basso profondo (cosa che per me, per certo tipo di musica, è irrinunciabile). Per tutti gli altri la trasparenza a livello assoluto di questi diffusori si avvantaggerà dell’abbinamento ad un sub (forse meglio ad una coppia) di livello adeguato che a dire il vero corrisponde al meglio disponibile che a sua volta corrisponde a prezzi molto impegnativi.
Ciò potrebbe risultare eccessivamente costoso ma io la vedo in modo diverso.
Se andiamo a valutare diffusori con questo livello di trasparenza (nel panorama attuale mi vengono in mente ad esempio le YG Sonja o i Vivid Giya) ci rendiamo conto che i prezzi sono decisamente più impegnativi e da questo punto di vista le Spark potrebbero apparire addirittura particolarmente economiche (insulto al buon senso ma penso di aver reso l’idea). Il completamento con un sub che stia al passo darebbe modo di arrivare ad un livello di riproduzione “senza compromessi” che purtroppo al momento non avevo mai trovato a questo prezzo.
Ultima considerazione: gli abbinamenti. In showroom non abbiamo avuto il tempo necessario ad ottimizzare la catena. Diffusori come gli YG o Vivid top di gamma rendono evidenti le pecche o anche solo le leggere idiosincrasie negli abbinamenti…il risultato? Un suono eccezionale ma che risulta in certi momenti lacunoso, certamente lineare ma con qualcosa, a tratti, di innaturale.
D’altronde se è considerato doveroso spendere tempo nella ricerca della perfetta sinergia con diffusori da supporto da 30/40.000 euro, perché non dovremmo farlo con le Spark, che puntano alla stessa trasparenza, solo perché costano una frazione?
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